Il futuro del nostro pianeta è in mano alla sostenibilità agroalimentare?

I concetti base su come la sostenibilità agroalimentare è diventata uno dei pilastri del XXI secolo.

sostenibilità agroalimentare

Il progresso in questo periodo storico deve essere fondato su dei solidi principi, etici e sociali altrimenti ci ritroveremo a fare i conti con un regresso umano. La più grande sfida del nostro secolo è accrescere la sostenibilità agroalimentare in modo da poter sfamare la popolazione mondiale e allo stesso tempo farlo senza compromettere gli ecosistemi già evidentemente intaccati.

Negli ultimi decenni gli spazi coltivabili sono diminuiti notevolmente, ad esempio in Asia si è passati da 4,3 ha/persona nel 1961 a 1,5 ha/persona previsti nel 2050. Queste previsioni si stanno rivelando più che precise, infatti nel “World Food and Agriculture – Statistical Yearbook 2020” della FAO, nel capitolo 4 con i dati statistici alla mano si evince che le terre destinate all’agricoltura sono in netto aumento rispetto alle terre non coltivate.

Il suolo agricolo è in costante diminuzione e rappresenta uno dei più gravi problemi da risolvere in poco tempo. In passato la “green revolution” è riuscita a sfamare milioni di persone grazie ad un processo di intensificazione della produzione attraverso il miglioramento delle sementi, l’uso di fertilizzanti, una migliore protezione e gestione delle piante, ma a scapito della tutela di risorse naturali che oggi non sono più disponibili.

A causa dell’aumento della popolazione si dovrà proseguire in una fase di maggiore intensificazione della produzione e per renderla sostenibile non si potrà contare sul contributo gratuito delle risorse naturali, bisognerà diminuire l’impatto agricolo sul cambiamento climatico, aumentare l’importanza della tracciabilità e dell’etichettatura, agire sul mantenimento della biodiversità, utilizzare in modo efficiente l’acqua così da contrastare la desertificazione e ridurre gli sprechi.

La correlazione tra cambiamenti climatici e coltivazioni è molto stretta, infatti s’intrecciano e s’intersecano formando un’intrigata rete di problemi da risolvere il più in fretta possibile. Le future coltivazioni dovranno combattere contro il surriscaldamento globale che ormai minaccia in nostro pianeta e come si può notare dalla seguente Figura 1 già si registrano anomalie come quella di febbraio del 2017 in cui sono stati registrati 4 °C in più rispetto al periodo 1951-1980.

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La temperatura del pianeta si sta innalzando notevolmente, più di quanto ci si aspettava. Un’altra concausa allarmante è la desertificazione che si sta intensificando in molte aree del nostro pianeta. La desertificazione è sicuramente accelerata dalle attività umane, ma a volte ha direttamente origine dallo sfruttamento intensivo messo in atto dalla popolazione che presiede un territorio per coltivarlo. Le attività industriali e “di pascolo” vanno a ridurre la fertilità dei suoli e quindi la capacità di un ecosistema di produrre servizi. Oggi ci sono almeno cento paesi toccati direttamente da questo fenomeno, nelle zone aride del pianeta oltre il 70% delle aree si trova a rischio, le quali sono pari ad oltre un quarto della superficie terrestre.

Per attenuare le conseguenze di questi fenomeni è necessario cambiare in modo netto il nostro sistema di produzione, ogni bene dovrebbe essere progettato per essere riciclato al massimo grado, così da realizzare altri beni creando un circolo virtuoso che simula ciò che accade in natura.

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Se riguardo alla parte energetica si stanno già verificando i primi risultati, per quanto riguarda l’agricoltura e il settore agroalimentare c’è ancora molto su cui lavorare. Il crescente processo di globalizzazione ha portato l’economia mondiale ad evolversi così da modificare, negli ultimi anni, i principi su cui si fonda il settore agroalimentare.

Le imprese operanti in questo settore hanno dovuto adattarsi alle nuove sfide riguardo la sicurezza alimentare, la preservazione delle risorse naturali e la lotta ai cambiamenti climatici. La qualità dei prodotti non è più rivolta solo ad aspetti nutrizionali e igenico-sanitari ma si spinge ben oltre, andando a tenere conto degli aspetti ambientali, sociali e culturali. Tale crescita è certamente spinta anche dalle scelte di consumo individuali che vanno a determinare una domanda sempre più sensibile alla sostenibilità.

Oggi si ha una maggiore consapevolezza rispetto a ciò che si consuma, non solo per se stessi, ma anche per l’ambiente, e questo è certamente riscontrabile in tutte le normative nate recentemente e nelle lotte svolte dalle più importanti organizzazioni a livello nazionale, europeo e internazionale.

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Il termine “sostenibilità agroalimentare” significa ricercare costantemente efficienza ed equilibrio all’interno della filiera produttiva. Affinché tutto ciò si realizzi, bisogna rafforzare i meccanismi di coordinamento tra i governi, cambiare le regole del commercio internazionale, intensificare la protezione delle aree a rischio e i programmi di lotta alla fame.

L’agricoltura è da sempre l’attività principale che regola lo scambio tra uomo e ambiente, a partire proprio dalla produzione di cibo. Per centinaia di anni l’agricoltura ha plasmato il nostro territorio e ne ha modificato il paesaggio.

Nell’ultimo secolo è avvenuta una radicale trasformazione riguardo i meccanismi di distribuzione, i consumi alimentari e la quantità produttiva delle colture. Tutto ciò è avvenuto attraverso l’uso massiccio della chimica di sintesi, della selezione genetica e degli allevamenti industriali intensivi, che usati contemporaneamente hanno consentito di eliminare la fame sulla maggior parte del territorio, ma indubbiamente è stato provocato anche un rilevante impoverimento degli ecosistemi.

Gli squilibri ambientali che hanno iniziato a manifestare i loro effetti durante il Novecento, come i cambiamenti climatici, l’impoverimento del suolo e la deforestazione sono il risultato di forme d’industrializzazione non sostenibili. Per questo oggi l’agricoltura deve essere la protagonista dello sviluppo dell’economia verde.

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