Olive ascolane, classiche o innovative?

Croccanti fuori e morbide dentro, le olive ascolane rappresentano uno dei protagonisti principali del tipico “fritto misto all’italiana”. Lungo tutta la penisola sono conosciute e apprezzate, ma siamo sicuri che nella propria terra di origine non esistano delle varianti ancora più accattivanti?

Olive ascolane, classiche o innovative?

Non una semplice oliva

Girovagando per storiche vie di Ascoli Piceno, cosa c’è di più affascinante se non ammirare le sue bellezze storiche degustando nel frattempo qualche prodotto tipico? Culla del fritto e del finger food marchigiano, sparsi per la città troviamo tanti locali e botteghini dove potersi godere un bel cartoccio caldo con la protagonista della gastronomia locale: l’oliva ascolana. Questa piccola sfera dorata racchiude dentro di sé un’antica tradizione centenaria, basata totalmente sulla genuinità e sulla rigorosa località delle materie prime utilizzate.

Se per fare un albero ci vuole un seme, per preparare un’oliva ascolana a modo occorre un’oliva particolare. Necessitiamo quindi di una che sia grande abbastanza da essere farcita e resistente al punto giusto senza sfaldarsi, mantenendo inoltre la panatura omogenea e croccante. La nostra scelta cade a fagiolo sull’oliva tenera ascolana DOP, un prodotto ricco di polpa e dal sapore amarognolo, contraddistinto per la singolare facilità con cui il nocciolo (molto piccolo) può essere rimosso senza rovinare la sua integrità.

Vari tipi di carne vengono utilizzati per preparare la farcia, in gran parte suini e bovine senza però disdegnare carni magre come quelle di pollo. Una volta cotte, vengono poi tutte insieme amalgamate con un tocco di noce moscata, formaggio stagionato grattugiato e alcune uova.

Non resta quindi che impanarle, friggerle nell’olio bollente ed ammirare per qualche secondo quella croccante crosticina dorata, emblema di una perfezione culinaria raggiunta nel corso del tempo.

Una storia di vecchia data

Le origini delle olive ascolane pongono le proprie radici sin dai tempi degli antichi greci e fenici, i quali introdussero la coltivazione dell’olivo in tutto il territorio Piceno. Dai rami di queste piante nascevano succulenti olive tonde, le quali non lasciarono indifferenti gli antichi romani che risiedevano nel territorio. Conservate in salamoia, divennero lo snack preferito dei legionari durante gli spostamenti, grazie alla facilità di trasporto e al loro apporto nutritivo.

Questo tipico “piatto del soldato” man a mano si ritagliò il proprio momento di fama, tanto da cominciar ad imbandire le tavole delle più alte cariche del tempo come simbolo di potere e di raffinatezza. Oltre a venir citato tra i tanti piatti sfarzosi presentati durante la celebre cena di Trimalcione nel Satyricon, scritto da Petronio, la mancanza di queste olive nei banchetti viene aspramente criticata da parte di Marziale come segno di rozzità. Di pari passo era il pensiero di Plinio il Vecchio, grande sostenitore delle proprietà terapeutiche delle olive contro le carie e i problemi ai reni.

Da sottolineare anche la particolare attenzione ecclesiastica dietro questo prodotto. Le olive tenere ascolane, oltre ad essere chiamate in gergo “oliva di San Francesco”, sono state introdotte nelle cucine vaticane grazie al papa Sisto V. Originario di Grottammare, fu un grande estimatore di questo prodotto tanto da volerle elogiare e promuovere direttamente nella sede papale.

Il primo prototipo di oliva ascolana farcita risale invece al 1600, direttamente nelle cucine dei monaci benedettini. Essi furono i primi a denocciolarle, nominandole come “olive giudee” per essere all’interno vuote, e quindi senz’anima. Per avere le prime notizie riguardo la farcitura e frittura dobbiamo invece spostarci in avanti di circa 250 anni, specificamente nelle case delle famiglie benestanti durante il Regno d’Italia. Alla grande abbondanza di cibo ne seguiva un relativo spreco alimentare, per cui nacque già dall’ora azioni di riciclo degli alimenti. La tanta carne rimasta intatta nelle loro tavole venne utilizzata per la farcitura delle olive, conservabili poi nel tempo attraverso la loro frittura.

© Sonia Peronaci

Andiamo sul classico, o vogliamo provare qualcosa di nuovo?

Se da un lato le tradizioni enogastronomiche vengono tramandate e perpetuate nel tempo, rispettandone sacralmente ogni passaggio e caratteristica, dall’altro sono state completamente stravolte da nuovi modelli culinari. Questo “restyling” culinario non ha di certo risparmiato le nostre care olive ascolane, presentate sotto nuove vesti per renderle ancora più accattivanti e più variegate.

La base è sempre quella, ma è il ripieno che cambia!”, così le olive ascolane sono riuscite ad entrare nel cuore di una clientela sempre più eterogenea, avvicinando anche i più scettici e chi per motivi etici (come i vegetariani) hanno completamente evitato questo fantastico prodotto. L’unica nota stonata è la centralizzazione di queste nuove peculiarità: le tradizionali, sia artigianali che di laboratorio, sono riuscite ad entrare nelle cucine di tutti gli Italiani ma lo stesso non si può dire per quelle innovative, unicamente degustabili nel territorio Piceno.

© Cortilia

Tra le più celebri troviamo quelle di pesce, una rivisitazione tipica delle zone costiere. L’aspetto esteriore non cambia, tranne che per la farcia sostituita da un mix di carni di pesce azzurro come triglia, gallinella e merluzzo.

E se invece vogliamo anche cambiare la panatura? Dall’oro cromato passiamo ad un nero ebano, grazie alle prelibate olive ascolane al tartufo nero. L’aggiunta del prodotto sia al ripieno che alla panatura dona al prodotto un’eleganza unica, unita ad un sapore ricco e avvolgente

Infine, per i nostri amici vegetariani, troviamo una variante “light” ma gustosa! La carne dentro viene sostituita con un ripieno di formaggio grattugiato (pecorino o parmigiano) ricreando in bocca un’esplosione di sapori.

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